CARDIOPATIE: IMPORTANTE MISURARE LA QUANTITÀ DI OSSIGENO NEL SANGUE

Neonati: un dito indica il pericolo

Un esame semplicissimo può svelare difetti congeniti e salvare la vita 

A volte i dati più semplici da ottenere nascondono doti inaspettate. L'indice di perfusione fa parte della categoria: fino a qualche tempo fa nessuno sapeva bene che cosa fare di questo valore misurabile facilmente con un saturimetro, lo strumento che calcola la quantità di ossigeno nel sangue. Oggi uno studio su 50 mila bimbi, nati in 14 ospedali norvegesi fra il 2005 e il 2006, dimostra che l'indice di perfusione riconosce i neonati affetti da cardiopatie congenite già nelle prime 24 ore di vita. E non si lascia sfuggire le malattie più gravi, ad esempio quelle che si manifesterebbero con la morte improvvisa entro breve tempo dalla chiusura del dotto di Botallo, il foro che mette in comunicazione aorta e arteria polmonare permettendo l'ossigenazione del sangue durante la vita fetale (e che si chiude entro poche ore o giorni dalla nascita).

Malattie che riguardano circa un neonato ogni mille: riconoscerle così presto significa salvare la vita ai bimbi che ne soffrono. Tutto con un test per nulla invasivo, poco costoso (un ossimetro costa circa mille euro), veloce. L'importanza dell'indice di perfusione nei neonati è stata scoperta pochi anni fa da Claudio De Felice, neonatologo dell'Unità di terapia intensiva neonatale del Policlinico Le Scotte di Siena. «Era il 2001 e stavo riaccompagnando in aereo da Siena a Londra Edward, un piccolo prematuro — ricorda il medico —. Sulle Alpi ci furono turbolenze. Monitoravo il bimbo con un saturimetro che misurava anche l'indice di perfusione e vidi calare questo valore, senza alcuna ragione apparente. Nel giro di un minuto la frequenza cardiaca si impennò e il bimbo diventò cianotico: la diminuzione della pressione esterna alla cabina gli aveva provocato una carenza di ossigeno. E l'indice lo aveva predetto quando ancora non c'erano sintomi. Come confermammo nei mesi successivi, è infatti un ottimo indicatore precoce di stress e della gravità delle condizioni dei neonati». L'indice di perfusione dice quanto ossigeno arriva in periferia misurando quanto e come pulsano le arterie più piccole, in genere del dito o dell'orecchio. Di norma i valori oscillano fra il 2% e il 7%: in pratica, la quota di sangue che arriva alla pelle quando il cuore si contrae. Al di sotto e al di sopra di questi valori c'è rispettivamente troppa vasocostrizione o vasodilatazione. Che cosa c'entra tutto questo con le cardiopatie congenite? «Un indice basso rivela che il cuore non pompa il sangue a sufficienza — dice De Felice —. Si riconoscono così soprattutto le malattie legate al ventricolo sinistro o all'aorta, tutte molto gravi e altrimenti ben poco diagnosticabili in bimbi appena nati. In un piccolo nato col cesareo c'è una dilatazione indotta da progesterone e già sotto il 2% qualcosa non va; un prematuro nasce "sotto stress", l'indice è di norma più basso e comincia a preoccupare sotto 1,5. L'indice non dà falsi negativi: se è sballato un problema c'è». De Felice ha dimostrato che valori bassi possono anche indicare che c'è stata un'infezione placentare: riconoscerla presto evita al piccolo complicanze polmonari e cerebrali. Tanti pregi, insomma, ma pochi lo usano nel modo giusto: «Occorre considerare la media di vari test, tenendo presente che anche una variabilità ridotta si associa a condizioni più gravi» conclude il neonatologo.

 

Fonte: corriere.it